Mindesigner

"Una mente bella vive in un mondo bello"

IL SORRISO CANCELLATO

Toglimi il pane, se vuoi,

toglimi l’aria, ma

non togliermi il tuo sorriso.

Pablo Neruda

TI CONOSCO, MASCHERINA!

Indossare una mascherina chirurgica, anche all’aperto, anche da soli, è diventato il comportamento basilare per scongiurare conseguenze penali e civili. Farsi trovare in un luogo pubblico senza la mascherina ha finito per assumere lo stesso significato che portare illegalmente addosso un’arma. Oramai non vediamo più volti, ma solo occhi.

BENESSERE O MALATTIA?

La medicina è una scienza antica e, nel corso dei secoli, ha certamente conosciuto orientamenti e metodologie differenti. Tuttavia essa ha sempre avuto, fin dalla sua nascita con Ippocrate di Kos, primo rappresentante della medicina moderna, lo scopo di curare la malattia.

Fin dall’antichità è risultato comunque più facile definire uno stato di malattia piuttosto che indicare cosa potesse condurre alla perdita della salute. Questa difficoltà nasce dal problema di definire con chiarezza in cosa consista la salute, se cioè essa debba ricondursi esclusivamente all’assenza di dolori o condizioni di impedimento fisico oppure anche ad altri stati, comprendenti quelli mentali. https://www.mindesigner.it/2020/06/07/sicurezza-e-salute/

La medesima difficoltà affligge anche la medicina dei nostri giorni la quale predilige occuparsi esclusivamente di ciò che è misurabile in termini numerici. Ovviamente avere a che fare con i numeri risulta più facile poiché esclude parametri non misurabili in modo oggettivo e standardizzabile. 

Già, la standardizzazione. La medicina ha bisogno di cose che possono essere estese e ripetute, in luoghi e tempi diversi. Un farmaco, ad esempio, deve poter agire nel medesimo modo sia che venga somministrato ad un paziente di uno sperduto paesino dell’America latina, piuttosto che ad un cittadino londinese.

Se però dovessimo occuparci anche della mente allora la standardizzazione non funzionerebbe più, visto che ogni persona ha la sua identità, unica  e irripetibile. Ed ecco che la medicina preferisce non considerare affatto il concetto di benessere, ma solo quello di malattia.

Il benessere è infatti irrimediabilmente collegato con la percezione individuale. Ciò vale se si parla di come una persona valuta il suo stato, ma vale ancora di più se si prende in considerazione la catena degli eventi che conducono alla malattia, poiché in essi rientrano inevitabilmente anche fattori psicologici. Ad esempio una persona può compiere delle scelte comportamentali, come potrebbero essere i cibi che predilige o le attività che svolge, e questi comportamenti potrebbero condurlo ad uno stato di malattia. Inoltre si deve considerare come i fattori di personalità possono incidere sulla modulazione dello stress e sul funzionamento del sistema immunitario. 

Quindi la medicina si occupa solo della malattia nei suoi meccanismi biologici. Questo conduce ad un effetto: la medicina è per tutti, nella misura in cui siamo tutti uguali, quindi per nessuno. 

Il tuo corpo somiglia a quello di un altro essere umano? Solo in senso biologico, poiché i fattori di personalità, concausa della genesi delle malattie, responsabili in parte dei processi di guarigione, coinvolti nell’equilibrio tra salute e malattia, non sono sovrapponibili a quelli di nessun altro.

FUROR SANANDI

Date certe premesse le conseguenze sono immaginabili e chiare alla nostra vista, particolarmente in questi tempi.

La medicina ha bisogno di focalizzare la sua azione sulla malattia e definisce un “successo” l’eliminazione della condizione fisiologica che causa la compromissione del funzionamento dell’organismo. Qualsiasi altro parametro diviene secondario.

Le vicende a cui assistiamo recentemente ne sono la prova: si è messa in piedi una macchina organizzativa con regole così stringenti da violare qualsiasi basilare diritto umano, provocando in questo modo enormi sofferenze psicologiche, con il nobile scopo di salvare l’essere umano dalla morte.

Innanzi tutto dovremmo dire che l’unico scopo possibile è quello di ritardare la morte, essendo quest’ultima una inevitabile conseguenza della vita stessa. Quindi il nobile scopo si è già ridotto ai suoi minimi termini.

A questo si deve aggiungere che la vita che salviamo rappresenta un tempo misurabile in anni o mesi o settimane. Ma cosa c’è dentro questo tempo?

Dunque è opportuno contemplare un dubbio: cosa rende la vita degna di essere vissuta? Vivere significa galleggiare più a lungo possibile, prima dell’inevitabile affondamento, oppure fare del nostro tempo un viaggio di scoperta e crescita personale?

Gli antichi greci avevano una parola per indicare quell’atteggiamento di superbia che fa credere all’essere umano di poter dominare sulla natura: peccato di hybris. Nella Tragedia Greca era sinonimo di sventure in quanto l’uomo, credendo di poter dominare sulla natura, crea i presupposti di una terribile sofferenza. Il mito di Icaro ne è un chiaro esempio. La politica a trazione medica dei nostri giorni, un altro esempio.

Dunque la medicina moderna vanta capacità tecnologiche eccezionali, che allungano la vita al prezzo di renderla vuota del suo stesso scopo: compiere il viaggio della libera ricerca di sé.

SALUTOGENESI

Siamo così abituati a considerare lo stato di salute come assenza di malattia da non riuscire a concepire un quadro differente: la salute può essere aumentata? Ovvero: esiste un modo per aumentare lo stato di salute, indipendentemente dal concetto di malattia?

A partire dagli anni ottanta, gli studi del sociologo americano Araon Antonovsky, hanno dato l’avvio ad una nuova disciplina, la salutogenesi che studia appunto “il processo di generazione di una migliore, persistente e sostenibile salute finalizzata al pieno raggiungimento del potenziale umano attraverso l’impiego di risorse interne ed esterne alle persone”.

Questo approccio visualizza l’essere umano come collocato lungo un continuum tra salute e malattia, quindi una persona può essere più o meno sana o malata. Rispetto a questa premessa la domanda terapeutica fondamentale diviene: “quali sono le fonti della salute e come può essere rinforzata?”.

Si sposta quindi l’attenzione sui meccanismi che aumentano lo stati di salute, indipendentemente dalla situazione di malattia.

Antonovsky individua vari aspetti di pensiero responsabili della promozione di uno stato di buona salute; si tratta di aspetti riconducibili alle dimensioni psicologiche della resilienza, del coping e della hardiness. Complessivamente quindi lo stato di salute viene incrementato e rafforzato da una condizione psicologica favorevole.

La Salutogenesi visualizza la condizione di gradi maggiori o minori di salute attraverso la metafora del fiume. Immaginiamo un fiume dove sia presente una zona a monte di acque tranquille ed una più a valle dove sono presenti cascate e rapide. Ciascuno può trovarsi in un punto diverso del fiume e quindi avere una condizione di partenza più o meno favorevole (maggiore o minore salute); il suo comportamento può determinare però la risalita verso aree di maggiore benessere oppure la caduta verso aree con maggiori rischi. Il fiume è luogo di rischi e risorse, sta a noi sfruttare al meglio la situazione nella quale ci troviamo.

IL MONDO SOMMERSO DELLE EMOZIONI

Emozione e sentimento sono considerati dalla psicologia aspetti fondamentali della personalità. L’importanza centrale che le scienze psicologiche attribuiscono al mondo delle emozioni fa da contrasto con la scarsa valutazione che ne viene invece fatta dal sistema formativo ed educativo. Anche in questo caso le cause sono da ricercarsi nella natura fortemente individuale del mondo emotivo, il ché comporta la difficoltà a renderlo standardizzabile e quindi gestibile con metodologie educative pensate per la collettività.

Questo stato di cose ci fa dire che il mondo delle emozioni, dove risiedono per ciascuno le radici fondamentali della propria psiche, resta spesso nascosto alla coscienza. La competenza emotiva è infatti una capacità che, generalmente, si acquisisce attraverso un percorso psicologico di crescita personale.

Gli studi di salutogenesi, così come quelli delle scienze psicologiche più in generale, sottolineano il ruolo chiave delle emozioni nel promuovere la salute e prevenire la malattia. Sono, del resto, note da tempo le correlazioni tra sistema immunitario e psiche.

Le emozioni positive stimolano il rilascio di Dopamina che agisce da anti-stress e determina il vissuto del piacere.

L’UNIVERSO IN UN SORRISO

Si potrebbe concepire un mondo senza il sorriso?

Difficile immaginarlo. Che i momenti di gioia siano pochi o tanti, vedere il sorriso di qualcuno ed esserne contagiati è un’esperienza cardine della nostra vita. Basti pensare al significato emotivo e relazionale del sorriso del bambino nel rapporto con le figure di accudimento. I momenti di spensieratezza, quelli di gioia e leggerezza e, per certi aspetti, anche quelli meno belli, sono sempre caratterizzati da una gamma complessa di emozioni. Tali emozioni sono veicolate dalla mimica del volto, della quale imprescindibile elemento è la bocca.

Il pattern comportamentale del sorriso e da ricondursi ad una base di tipo neurologico, vale a dire che abbiamo una sorta di programmazione biologica che ci consente di ridere e sorridere. L’ atto di sorridere è, però, frutto della dimensione interattiva e situazionale.

Potremmo semplificare dicendo che il sorriso svolge due funzioni: permette l’espressione di uno stato d’animo interno al soggetto e svolge una funzione sociale.

In particolare questo secondo aspetto risulta determinante nella gestione del mondo relazionale. Il sorriso, infatti, comunica la disponibilità alla relazione nelle situazioni d’incontro, permette il rafforzamento dei legami tra persone che svolgono una qualche attività collettiva, abbassa il grado di aggressività smorzando situazioni nelle quali si è creata tensione o contrapposizione. La sua contagiosità, dovuta alla funzione dei neuroni specchio, permette un rapido crearsi di atteggiamenti cooperativi sia nelle situazioni educative che in quelle di lavoro di gruppo.

Poiché veicola l’espressione di emozioni positive agisce da fattore anti-stress attivando la produzione di endorfine. Esistono, a questo proposito, contesti terapeutici dove si utilizza proprio il sorriso al fine di migliorare l’umore e la salute psicofisica delle persone.

L’UMORISMO

Riso e sorriso fanno parte di un paradigma più ampio che è quello dell’umorismo.

L’umorismo è una importante funzione cognitiva, una particolare espressione dell’intelligenza che permette di analizzare una determinata situazione attraverso punti di vista alternativi. Il risultato è, come a volte capita di constatare, il ribaltamento completo della lettura di una determinata cosa che può quindi risultare comica pur partendo da una base diversa. Il fatto che qualcosa di serio possa, attraverso l’umorismo, risultare comico, non è frutto di una trasformazione manipolatoria ma della messa in risalto di aspetti che non erano subito evidenti ma che facevano comunque parte di quella determinata cosa.

La capacità, quindi, di fornire letture alternative è un’importante funzione dell’intelligenza.

CONCLUSIONI

Come in molti altri casi dobbiamo constatare che aspetti della nostra precedente normalità, che ci potevano apparire accessori, non lo sono affatto. L’abolizione di una parte importante della mimica facciale potrebbe, alla lunga, avere ripercussioni sulla dimensione della salute delle persone, sia in termini psicosociali che di benessere personale.

ⒸFederico Milione

Dott. Federico Milione - Mindesigner
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