
NUOVI E VECCHI PROBLEMI IN TEMPI DI PANDEMIA
È un fenomeno che tutti conosciamo, se non altro per le letture dei libri di storia, quello della “caccia all’untore” in periodi di epidemie. Quello che dovrebbe meravigliarci, nel 2020, è come venga a cadere rapidamente lo slancio culturale e sociale verso la tolleranza quando l’incolumità di ciascuno è minacciata. Purtroppo in questi casi ci troviamo a fare i conti con la matrice biologica, elemento ineliminabile, anche nella nostra specie. Si tratta di un aspetto che dovremmo considerare con maggiore umiltà poiché immancabilmente cancella, con un colpo di spugna, tutti i tentativi di tradurre in pratica idee di tolleranza e comprensione degli altri.
LA PAURA VINCE SULLA RAGIONE
La paura è responsabile di un’altissima percentuale di comportamenti. Molte patologie psicologiche, come gli attacchi di panico, sono originati dal meccanismo della paura. È esperienza di tutti come la paura abbia, quasi per definizione, la meglio sulla ragione. Il motivo è semplice: la paura è l’emozione della sopravvivenza. È rapida nel collegare una percezione di pericolo ad una reazione difensiva: ha quindi dimostrato la sua efficacia in milioni di anni di evoluzione. Con lo svilupparsi della corteccia cerebrale, sede della ragione, ha trovato la possibilità di una modulazione, ma resta comunque un’emozione talmente potente da annullare, in determinate circostanze, qualunque sforzo razionale.
PANDEMIC SHAMING
Il fenomeno è noto fin dall’antichità. Durante le epidemie, di fronte ad un nemico invisibile, l’essere umano, preda della paura di non riuscire a sopravvivere, tenta di concretizzare il pericolo in qualcosa che si possa vedere e… attaccare. Sì, perche quello che si tende a non dire, è che la paura ha due principali canali di passaggio all’azione: la fuga o l’attacco. Lo si vede bene in altre specie animali un po’ più “basic” della nostra: un animale selvatico, se si sente minacciato, può fuggire o attaccare. Quindi l’aggressività, la rabbia, è un meccanismo in grado di dare una risposta alla paura. Pare che le cose non siano molto cambiate dall’epidemia di peste del 1300. La reazione della mente al pericolo invisibile di una malattia è rimasta pressoché la stessa. Ed ecco che, nel pacifico cittadino medio, fa la sua comparsa un’apparentemente inspiegabile livore verso coloro che, a torto o ragione, vengono ritenuti responsabili di una minaccia. Nella fattispecie chi non rispetta le regole ministeriali può capitare che sia oggetto di “pubblica gogna” da parte di qualche altro cittadino che dal balcone o dai social lo attacca violentemente.
L’INGIUSTIZIA DEL GIUSTIZIERE
È da sottolineare come il sentimento che anima il giustiziere non è, come appare da un’osservazione superficiale, il senso civico. C’è invece un bisogno molto più individuale: quello di trovare una risposta concreta alla sua paura di qualcosa di invisibile. L’unica giustificazione è che tutto ciò si svolge al di fuori della consapevolezza cosciente e quindi il giustiziere crede, in buona fede, di essere così tanto arrabbiato con il proprio simile esclusivamente per motivi di senso civico.
CHE LA CURA NON È UNA CURA LO SI VEDE DAI RISULTATI
Lo scopo apparente è quindi quello di rimproverare duramente chi non si adegua ed indurre in lui un senso di vergogna. Ma la vergogna non ha, in realtà, alcun effetto di portare ad un cambiamento dei comportamenti. Anzi, è noto che colui che si vergogna tenderà ad adottare comportamenti contrari a quanto gli viene suggerito e cercherà di sfuggire agli occhi inquisitori di chi lo accusa. Il risultato è solo un aumento delle tensioni sociali senza alcun miglioramento in termini di sicurezza.
CAPITANO MIO CAPITANO
In tutte le circostanze di pericolo, perché la paura non si trasformi in panico collettivo, foriero di conseguenze a volte drammatiche, è fondamentale il ruolo di guida delle autorità. Si suppone che coloro che hanno una responsabilità di governo dovrebbero avere un minimo di preparazione riguardo alle dinamiche psicologiche dei gruppi. Infatti il pericolo che si nasconde dietro al pandemic shaming è una conflittualità sociale pericolosa e poco utile alla situazione. Coloro che guidano dovrebbero quindi evitare di “colludere” con questi meccanismi psicologici di base, per non alimentarli. Questo significa che “sbattere il mostro in prima pagina” come, ad esempio, è stato fatto con il runner solitario inseguito con gli elicotteri, è quanto di più sbagliato si possa fare sul piano psicologico.
CAVALCARE LA TIGRE
“è fondamentale conoscere i propri complessi, altrimenti si sarà costretti a giustificare continuamente i propri comportamenti” (C.G.Jung)
Come diceva uno dei padri della psicologia, l’unico modo per mettere la dimensione istintuale al proprio servizio, perché sia una risorsa e non un limite, è avere una buona conoscenza di sé. Quindi la prossima volta che siete in procinto di rimproverare con rabbia qualcuno, ricordate: probabilmente è la vostra ansia che guida quell’azione. Al contrario farvi carico di quell’emotività può essere un importante passo di crescita.
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