
LA NORMALITÀ ERA SOLO UN’ILLUSIONE
La normalità non esiste. Lo abbiamo capito durante questi lunghi mesi di lockdown. Il quotidiano, fatto di una serie di azioni e comportamenti, base per abitudini che parevano appartenere al mondo delle certezze, si è sgretolato in poco tempo senza lasciare alcuna traccia di sé. Certezze ritenute assolute e universali, come andare al lavoro e incontrare amici e parenti, sono svanite per lasciare posto ad un quotidiano vuoto, opprimente, scolorito.
Riempire quel vuoto ha richiesto quantità enormi di energia per trovare un senso al non far nulla, per definire normale ciò che era lontanissimo dalla rassicurante abitudine del vivere come prima.
Come dopo un naufragio galleggiano ancora sull’acqua i salvagenti colorati di tonalità accese, così nel quotidiano svuotato di ogni senso galleggiavano isolati gli hashtag “iorestoacasa” e “andratuttobene” simboli di un ottimismo forzato e quasi patetico.
La mente fa molta fatica ad accettare l’incertezza delle leggi universali. Il funzionamento dell’estremamente grande non ha certo in conto i piccoli bisogni degli uomini e anche se crea delle pacifiche oasi di tranquillità ai margini dei grandi mutamenti, a volte ci ricorda che il mondo non è nostro.
I fisici e i biologi, molto di più dei virologi ad orientamento sociologico, ci possono dire come l’intero universo, dalle galassie all’atomo, è pervaso da continui e costanti mutamenti e nulla è mai uguale a quello che era un secondo prima. Così la costanza della normalità, di fatto, non esiste. Ciò che definiamo normalità è solo una costruzione mentale, un’illusione di prevedibilità che serve alla mente per poter concepire l’insostenibile enormità dei meccanismi universali.
BENE E MALE, I POLI OPPOSTI
Da sempre si sente parlare di bene e male. Due poli opposti nell’esperienza del vivere, che possono essere definite diversamente e declinate in modo soggettivo ma che riportano sempre alla percezione di come la natura possa essere benevola o avversa agli uomini. Il male si subisce, il bene è oggetto di desiderio e di ricerca continua. Questa dicotomia ha portato, nel tempo, ad una percezione distorta su questo argomento, giungendo alla definizione del bene come unico obiettivo e del male come simbolo di tutto ciò da cui fuggire.
Tuttavia, ad un’analisi meno superficiale, emerge una significativa appartenenza reciproca dei due opposti: bene e male sono indissociabili come le due facce della moneta. Appartengono alla dimensione duale di tutte le cose, legge universale assoluta. In questo, come per tutto il mondo naturale, la mente non fa eccezione. Fin dalle origini delle scienze psicologiche fu chiaro come questi due elementi fossero in un rapporto sinergico. Imparando a conoscere gli equilibri mentali apparve chiaro, fin dai tempi di Freud e Jung, che se si voleva perseguire il benessere psicologico si doveva mettere in conto di conoscere anche la parte meno “buona” dei nostri pensieri.
I percorsi psicoterapeutici attraversano sempre una fase di presa di coscienza riguardo ai pensieri negativi o alle esperienze traumatiche: è un passaggio fondamentale per orientare la propria ricerca verso un benessere che sia solido e stabile.
I MOSTRI ESISTONO MA SI POSSONO SCONFIGGERE
“Le fiabe non insegnano ai bambini che i mostri esistono. Questo lo sanno già. Le fiabe insegnano ai bambini che i mostri possono essere sconfitti “(Gilbert Keith Chesterton)
Così come dopo un’esperienza traumatica è necessario arrivare ad accettare la negatività e il dolore che essa ha portato nella nostra vita, altrettanto si dovrà fare adesso, nell’accingersi a riprendere in mano la quotidianità sospesa per mesi. La ripartenza, perché possa essere ben spesa e vissuta, dovrà per forza tenere conto di quanto è accaduto: dell’esperienza del dolore, della frustrazione, della rabbia e della paura. Ciò che conta è la capacità di ciascuno di dare un senso all’accaduto, sia pure un senso soggettivo, ma dal quale scaturiscano nuove consapevolezze e nuovi obiettivi.
Vediamo qualche consiglio pratico.
EVITARE DI FARSI TRAVOLGERE DALLE PREOCCUPAZIONI
Dopo un lungo periodo passato in isolamento è noto un meccanismo difensivo per il quale nasce la paura di uscire dal “luogo sicuro” nel quale ci si era rifugiati. C’è poi da considerare come molte attività o modi di comportarsi hanno subito profonde modifiche e questo potrebbe indurre un senso di stranezza e qualche difficoltà di adattamento. Il modo migliore per superare questi stati d’animo è aspettarseli: sapere che probabilmente ci sentiremo a disagio, magari preoccupati e che ritornare a fare determinate cose potrebbe non essere del tutto naturale. Se si accetta di vivere disagio o paura si potrà più velocemente riadattarsi.
EVITARE DI NEGARE QUANTO ACCADUTO E PRETENDERE DI FARE TUTTO COME PRIMA
Si tratta del problema opposto al precedente. Pretendere di tornare alla normalità di “prima del Covid-19” è un pensiero fallimentare. Indipendentemente da quanto sia il grado di diversità delle cose, ciò che dobbiamo considerare è che siamo noi ad essere diversi: le esperienze cambiano le persone. Pensare che sarà tutto uguale a prima è una pericolosa illusione che potrebbe esporre ad una dolorosa delusione. Quindi la saggezza sarà quella di avvicinarci alla nuova realtà esterna con curiosità e umiltà, cercando di imparare a muoverci serenamente in quella che è la realtà attuale.
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