
INVERNO 2020 E I COLORI FUORI STAGIONE
Assistiamo in questi ultimi tempi ad eventi psicosociali che avrebbero del comico se non fossero frutto di tempi tragici. Una lotta continua e sommersa tra governo e cittadini dove quest’ultimo, per perseguire il suo scopo dichiarato della salute pubblica (rispetto al quale invito i rappresentanti del governo a rivedersi le dichiarazione dell’OMS sul concetto di salute), utilizza un mix letale di coercizione e tecniche di convincimento di derivazione pavloviana. Dall’altra parte della palizzata il popolo, relegato al ruolo di suddito, approfitta smodatamente degli spazi di libertà erogati con il contagocce dall’esecutivo.
Tutto questo è frutto di una dinamica psicologica nota e prevedibile, sempre che si abbia la capacità di valutarla e prevederla.
IL CERVELLO E LA RICOMPENSA
Il cervello degli umani, così come quello degli altri esseri viventi sulla terra è dotato di funzioni innate che lo guidano verso il soddisfacimento dei bisogni primari e di quelli che Maslow, nella sua piramide dei bisogni, valutava come secondari, cioè frutto della complessità del ragionamento umano.
La psicologia sperimentale e le neuroscienze hanno scoperto, già a partire dagli anni 50 del novecento, i circuiti neuronali e comportamentali coinvolti in quello che, nel linguaggio anglosassone, viene definito reward pathway.
Una precisa area del cervello, detta VTA (area tegmentale ventrale mesencefalica) è incaricata di smistare i segnali dalla periferia al sistema nervoso centrale e viceversa e presiede ai percorsi neuronali (pathway) del piacere correlato con una determinata azione che soddisfa un bisogno primario o secondario.
Secondo il modello di Maslow i bisogni primari sono legati alla sopravvivenza in senso biologico, mentre quelli secondari sono relativi alla socialità e alla realizzazione personale.
Questo meccanismo determina le nostre scelte in base alla soddisfazione o piacevolezza che si percepisce nello svolgere una determinata attività. Quindi, come accade anche nel resto del mondo animale, saremo portati a desiderare di fare cose che producono un’esperienza piacevole.
Recenti ricerche in questo campo evidenziano che il reward system agisce da bilanciamento rispetto alla condizione di stress. Infatti il CRH (ormone di rilascio della corticotropina) che viene prodotto in condizioni di stress, agisce in modo opposto rispetto agli oppiodi endogeni (endorfine) prodotti dal circuito della ricompensa.
https://www.neuroscienze.net/reward-system/
IMPORTANZA DELLE RELAZIONI SOCIALI
Il contatto con i propri simili, l’inserimento all’interno di gruppi ludici o di lavoro, rappresenta per il cervello una fondamentale fonte di stimolo e di salute. La specie umana, così come altre specie sulla terra è programmata per relazionarsi con i propri simili e questo, oltre ad agire positivamente sul reward system di cui abbiamo appena parlato, ha una vera e propria funzione di mantenimento in efficienza e salute per il sistema nervoso centrale. È noto da molto tempo che i circuiti neuronali sono soggetti a modifiche e ristrutturazioni in base agli stimoli e alle esperienze che facciamo. Il nostro cervello è cioè modificato nella sua struttura rispetto agli stimoli che riceve. È un po’ come se il circuito elettronico del nostro smartphone potesse modificare la sua architettura fisica durante il suo funzionamento.
Molte ricerche confermano l’importanza di questo tipo di stimoli per prevenire malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e psicologiche come la depressione.
Queste considerazioni spiegano il bisogno spontaneo delle persone nel cercare i luoghi di incontro e socialità.
COVID 19 E LA “RIVINCITA DEI TIMIDI”
La timidezza non è affatto un problema ma quando questa diventa pervasiva e patologica allora si parla di disturbo evitante di personalità. In questo caso l’evitamento dei contesti sociali e delle relazioni con i propri simili diviene una costante del comportamento della persona che ha questa patologia. Alla base ci possono essere varie cause ma una delle più frequenti è una vera e propria fobia nei confronti delle persone, temendo di essere criticati o derisi dagli altri. In condizioni normali questa patologia è sempre stata fonte di grosso disagio per chi ne era affetto e spesso si chiedeva aiuto allo psicologo per superarla.
Tuttavia il modificarsi del contesto di riferimento ha, paradossalmente, sottratto il problema a coloro che temevano le relazioni sociali, ponendoli in un’artificiale condizione di adeguatezza.
Ecco un altro effetto della pandemia, con conseguenze ignote sul lungo termine.
GLI ORRIBILI ASSEMBRAMENTI DI NATALE
Nella comprensibile ma mai giustificata caccia all’untore, tipica di questi tempi, si sente già gridare allo scandalo perché, dopo mesi di chiusura, le persone finiscono per affollarsi nelle vie dei negozi aperti e nelle piazze, tornate luogo frequentabile. Alla luce di quanto detto sopra la spinta alla socialità è un impulso naturale, perfettamente spiegabile e consolidato da decenni di evoluzione psicologica e collettiva. Naturalmente ci troviamo in una condizione definibile come emergenza e quindi sono pur giustificati i divieti in atto. Ciò che risulta meno giustificabile è la meraviglia mista a biasimo che le fonti di informazione rivolgono a certi fenomeni psicosociali che, come detto, sono prevedibili e possono essere efficacemente gestiti modulando in modo più strategico le imposizioni e i divieti. Ma alle varie task forces manca, evidentemente, il prezioso contributo degli psicologi.
©Federico Milione