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"Una mente bella vive in un mondo bello"

BURNOUT DUEMILAVENTI

INTERNATIONAL CLASSIFICATION OF DISEASES 11

La sindrome di “esaurimento emotivo” è una malattia professionale che è stata classificata fin dagli anni ’70 e si va a collocare nel grande insieme delle malattie riconducibili allo stress lavoro-correlato. In origine gli psicologi che hanno studiato e definito tale condizione patologica, Herbert J. Freudenberger (1974) e Christina Maslach (1978; 1982), hanno circoscritto la sindrome da burnout al settore lavorativo delle professioni di aiuto. Tuttavia, oggi, con l’undicesima edizione del manuale internazionale di classificazione delle patologie (International Classification of Diseases), che verrà adottato dagli stati membri dell’OMS nel 2022, il burnout è stato inquadrato come fenomeno occupazionale. Assume quindi un carattere più generalizzato, anche se resta principalmente collegato a fattori di stress delle professioni sanitarie.

CARATTERISTICHE DEL BURNOUT

Gli effetti dello stress cronico sulla nostra psiche sono vari e noti, tuttavia il burnout ha alcune caratteristiche distintive:

  • Sentimenti di debolezza energetica ed esaurimento.
  • Aumento della distanza mentale dal proprio lavoro, caratterizzata da sentimenti di cinismo e negativismo.
  • Ridotta efficacia professionale.

In particolare si deve tenere conto dell’ultimo dei punti elencati in quanto la sindrome da burnout si riferisce esclusivamente ai contesti lavorativi.

La parola burnout è già esaustiva in merito poiché potrebbe essere tradotta con “bruciato fino in fondo” ad indicare appunto un grave logoramento psicofisico e una incapacità a fornire impegno e coinvolgimento nel proprio compito professionale.

Le emozioni specifiche sono legate al ritiro in sé stessi, al disinteresse, alla demotivazione. La sensazione di essere enormemente pressati è la spia più evidente di una discrepanza tra risorse del soggetto e richieste dell’ambiente. Questo conduce poi al senso di colpa e disistima. Le conseguenze interessano sia la vita professionale che privata: si hanno difficoltà nelle relazioni sociali e problematiche nella sfera somatica, dall’insonnia ai disturbi psicosomatici.

BURNOUT DUEMILAVENTI

La negatività della pandemia da COVID19 non si esaurisce nei disagi che tutti viviamo quotidianamente ma si estende in modo preoccupante nell’ambito delle professioni ed in particolare in quelle sanitarie. Infatti la sindrome da burnout è sempre stata un rischio professionale per medici, infermieri, sanitari e operatori dell’emergenza. Attualmente la pandemia ha aggravato enormemente la situazione poiché ha determinato una pressione enorme sul sistema sanitario e sulle professioni di aiuto in generale.

Alcuni fattori di stress sono facilmente immaginabili, dall’aumento spropositato degli orari di lavoro al carico emotivo dell’essere sempre in campo in quanto operatori sanitari ma anche persone e cittadini che sono coinvolti nell’aiuto nelle dimensioni familiari e sociali.

La professione sanitaria, rispetto al rischio del burnout, ha sempre dovuto far fronte ad un evidente paradosso: trovare un equilibrio tra pensare a sé e pensare agli altri.

Tutto questo rientrerebbe comunque in un quadro già studiato e per il quale sono state da tempo messe a punto efficaci azioni di contrasto.

Quello che c’è di nuovo e nefasto è, ancora, la modifica imposta dal COVID19 alla gestione della socialità e delle relazioni. Infatti le azioni di contenimento del fenomeno del burnout hanno sempre fatto riferimento al gruppo, il team degli operatori sanitari, come luogo per verbalizzare e condividere i vissuti emotivi e come abito di scambio di informazioni e sostegno reciproco. Evidentemente questa importante arma di contrasto al problema risulta fortemente compromessa dalla distanza sociale e invisibilità della comunicazione non-verbale dovuta a maschere, visiere, guanti, tute.

PROBLEMI PERSONALI, SOLUZIONI ORGANIZZATIVE

Anche se, di questi tempi, può apparire come un paradosso, la soluzione passa per la dimensione sociale ed organizzativa.

Oggi come ieri è fondamentale che si esegua un’adeguata analisi organizzativa per comprendere, in quello specifico contesto, quali sono le fonti possibili di burnout e quindi adottare misure di contenimento e controllo.

Studi recenti, effettuati proprio sugli infermieri della provincia di Hubei, in Cina, hanno evidenziato l’importanza della leadership nei contesti sanitari. Un’équipe coordinata da Holly Wei, membro della Facoltà del College of Nursing della East Carolina University ha esaminato gli infermieri che, in Cina, si sono occupati dei malati di COVID durante l’emergenza. Le conclusioni a cui sono giunti danno particolare rilevanza agli stili di leadership che venivano utilizzati dai capo infermieri. I leader autorevoli ed empatici riuscivano a promuovere un clima utile a contrastare gli effetti negativi dello stress, fornendo le attrezzature necessarie e soddisfacendo i bisogni emotivi degli infermieri. (https://covid19.elsevierpure.com/en/publications/mental-distress-and-influencing-factors-in-nurses-caring-for-pati)

CONCLUSIONI

Sebbene la particolare situazione dovuta alla pandemia imponga misure di distanziamento è ancora il gruppo che, adeguatamente guidato da una leadership competente, può fornire risposte appropriate per contrastare il pericolo del burnout. Le modalità possono poi essere riformulate in base alle attuali limitazioni, come ad esempio il metodo del “buddy team” (https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-gestione-stress-buddy-system) per cui due operatori si affiancano monitorando reciprocamente la sicurezza e la capacità di sostenere psicologicamente le difficoltà. Naturalmente tutto questo passa per un capillare e costante contributo delle scienze psicologiche in ambito lavorativo e sociale, attraverso servizi che siano previsti ed implementati dalle normative. Come al solito in Italia siamo ancora imperdonabilmente indietro rispetto a questo tipo di innovazione.

ⒸFederico Milione

Dott. Federico Milione - Mindesigner
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